De mortuis nihil nisi bonum?

Quindici giorni orsono moriva Steven Jobs. Emblematici della dimensione ormai raggiunta dal pernicioso colonialismo ideologico liberista che infesta le menti, encomi al defunto spesso anche trasmodanti sono piovuti quasi da ogni dove.
La celebrata diversità del “visionario” sig. Jobs, a ben vedere, era nel fatto che rompendo certi schemi formali in anni lontani se n’era andato in India in cerca di spiritualità e aveva  sperimentato l’LSD traendone forse impulso creativo, visto che ebbe poi a definire quell’esperienza “one of the two or three most important things done in life”.
Con tutto ciò, che non mi sembra costituire un titolo di merito, il sig. Jobs, con lo sviluppo della Apple Inc. (già Apple Computer, Inc.), s’impose come uno degli oligopolisti principali del nuovo Business System globale, mare di squali nel quale eccelse riuscendo a smerciare pletore di merce superflua ad acquirenti ottenebrati da un’astuta propaganda, merce la cui fabbricazione in Cina ha beneficiato dei sistema schiavistico e inquinante introdotto dalla mafia rossa che si fregia del titolo di Partito Comunista Cinese. Merce che rende chi la utilizza prigioniero di un sistema chiuso, incontrollabile e invasivo anche più di quello, universalmente stigmatizzato, della concorrenza Microsoft.
La peculiarità del sig. Jobs, dunque, si riduce all’avere introdotto in un mondo di incravattati uno stile un po’ più alla mano, sportivo, apparentemente trasgressivo ma invece strategicamente funzionale a un sistema che solo attraverso il continuo mimetismo delle apparenze può sopravvivere e prosperare nel tempo. Diversità della quale, comunque, il sig. Jobs non è stato certamente l’unico, né il principale interprete. E che non costituisce certo un merito, se non per chi quel sistema infame vorrebbe perpetuarlo.
Da parte mia, sottoscrivo invece il commento di Richard Stallman, riportato con travisante parzialità e con un certo tono di scandalo sulla stampa in lingua italiana e che riporto, qui di seguito, nella versione originale pubblicata in inglese  sul sito dell’autore (il link al quale si trova nella colonna di destra di questa pagina, alla categoria “Software libero”):
Steve Jobs, the pioneer of the computer as a jail made cool, designed to sever fools from their freedom, has died.
As Chicago Mayor Harold Washington said of the corrupt former Mayor Daley, “I’m not glad he’s dead, but I’m glad he’s gone.” Nobody deserves to have to die – not Jobs, not Mr. Bill, not even people guilty of bigger evils than theirs. But we all deserve the end of Jobs’ malign influence on people’s computing.
Unfortunately, that influence continues despite his absence. We can only hope his successors, as they attempt to carry on his legacy, will be less effective.

MS

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