Afghanistan, ucciso un altro soldato italiano

Nel distretto di Bakwa, nella provincia di Farah, ieri è caduto in combattimento il tenente Alessandro Romani del nono reggimento d’assalto “Col Moschin”. Un omaggio alla sua memoria.
Un altro italiano, il graduato Elio Rapisarda, nello stesso scontro è rimasto ferito. Che possa presto ristabilirsi.
Degli oltre duemila militari NATO uccisi in Afghanistan dal 2001 a oggi, circa ottocento non erano statunitensi. Il tenente Romani è il trentesimo italiano, l’ottavo quest’anno, a perdere la vita nella guerra che gli Stati Uniti hanno deciso di portare proprio in quel paese dove il fanatismo islamicista fu cresciuto, organizzato e armato da loro stessi, anni fa, in funzione antisovietica.
Non dubito che i Taliban siano canaglie. Ma sono del pari convinto che il regime del Quisling locale, Karzai, stracorrotto, brogliatore, coinvolto in traffici sporchi di ogni genere, non sia meglio. Un regime, va sottolineato, che coi Taliban da tempo sta cercando di accordarsi e che nei confronti dell’integralismo religioso, aberrazioni antifemminili comprese, tiene un atteggiamento a dir poco compiacente – piccolo dettaglio sul quale gran parte dei media occidentali accuratamente tace.
Gli Stati Uniti, in Afghanistan, scontano con una guerra senza fine il contrappasso delle proprie stesse azioni che dal passato proiettano nel presente le conseguenze che si vedono.
I contingenti europei, compreso quello italiano, non si trovano in Afghanistan per difendere valori irrinunciabili o, al limite, autonomi interessi geopolitici, ma per rendere quel servizio a Washington che governi a sovranità limitata hanno deciso di prestare. Sacrificando vite europee sull’altare di una collaborazione poco dignitosa e antipatriottica.
Per questa ragione coloro che mandano i soldati europei, e tra essi quelli italiani, a morire in Afghanistan, come pure quelli che a “destra” e a “sinistra” li appoggiano, si assumono una responsabilità grave. Chissà che prima o poi non debbano risponderne.
MS

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