Un patto scellerato – parte prima

Pur senza entrare nel dettaglio del patto, sottosegnato il 23 dicembre a Torino tra il sig. Marchionne e alcune associazioni minoritarie dei prestatori di lavoro subordinato per il nuovo autonomo sistema contrattuale da applicarsi allo storico stabilimento di Mirafiori, la rilevanza di un tale spunto m’induce a formulare qualche breve e schematica osservazione d’emblée.
1) Nel sistema FIAT, che da impresa familistica assai spesso condizionò in negativo le sorti d’Italia, il passaggio in comando dall’onomastico Agnelli all’Elkann emblematicamente segnò il definitivo passaggio ideologico, sanzione di quello strutturale, all’àmbito del mercatismo globalista.
Un àmbito dove gli affari, notoriamente, sono intrisi di finanza ambigua e gestiti per conto degli “investitori” da una casta di burocrati funzionali cosiddetti “Manager”, che poco o punto ha in comune con quello del capitalismo classico, industrialista e padronale.
In quest’ultimo, infatti, anche nelle fasi e nei contesti di massima brutalità sociale la proprietà solitamente era identificabile e anzi, investendo denari nonché impegno personale, si assumeva in proprio i relativi rischi senza scaricarli, in forme diverse, sulla collettività onde lucrare, a volte per mezzo di delittuose ingegnerie, profitti più o meno cartacei, ma tanto ingiustificabili quanto immani.
Non è da aspettarsi, in ogni modo, che il sistema FIAT restituisca allo Stato le enormi risorse che quest’ultimo per decenni gli ha graziosamente elargito a spese dei cittadini contribuenti.
2) Il sig. Marchionne, già incensato dal sig. Bertinotti molto applaudito alla festa milanese di “Liberazione” nel 2006 quando proclamò “Dobbiamo puntare ai borghesi buoni”, sponsorizzazione questa già di per sé foriera di sciagure, è ben rappresentativo della casta di burocrati funzionali suddetta, cosmopolita e dunque senza patria, percettrice di emolumenti spropositati per essere integralmente dedita al profitto dei cosiddetti “investitori” senza  molto riguardo al resto. Secondo la tabella pubblicata sul n. 49 de L’Espresso, per inciso, il costo annuale del sig. Marchionne risulterebbe  di 4.782.000 euro, centotrentatrè volte la media individuale dei circa trentaseimila dipendenti.
3) Alcuni soggetti, legittimati più che altro dall’interessato riconoscimento di quella che teoricamente dovrebbe essere la loro controparte, col patto del 23 dicembre scambiano principi essenziali (e garanzie normative, e.g. deroghe al D. lgs. 66/2003 in materia di riposi) con qualche soldo in più, palliando tanto mercato con la tiritera degli investimenti che permetteranno la sopravvivenza di Mirafiori. Penosa quanto inutile sceneggiata: il fetore dello Zeitgeist ancora in auge e delle dilaganti, conclamate sue infezioni opportunistiche è tale da mettere automaticamente in ridicolo qualunque alibi siffatto.
Certo è che vedere come uno storico sindacato, fondato da Giulio Pastore e guidato, tra gli altri, dal probo Pierre Carniti e dall’onesto Savino Pezzotta, sia precipitato ai livelli della sua conduzione attuale suscita, prima che ripulsione, profonda tristezza. Soprattutto al pensiero dei tanti che vi dedicarono, disinteressatamente, una vita d’impegno.
Degli altri soggetti figuranti non merita dire.
MS
(continua)

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