Una vergogna indicibile

Un uccellino è caduto dal nido.
Un bambino di appena ventitré giorni, Devid Berghi, è morto di freddo in strada, a Bologna, pochi giorni fa.
Quali che siano le responsabilità specifiche, eventualmente anche quelle dei genitori stessi, conta poco.  Né può darsi luogo, in una tanto sconcertante e terribile circostanza, a sociologismo di maniera o a buonismo futile.
Questa tragedia, che ha crudelmente colpito un nucleo familiare italiano in una opulenta città italiana, e proprio in una città spesso celebrata per il tradizionale suo spirito di accoglienza e di solidarietà, suscita un sentimento di vergogna indicibile che non può essere taciuto.
In questo sciagurato paese dove nelle residenze di quel soggetto che le convenzioni mi costringono a chiamare il presidente del consiglio si celebrano allegri festini affollati da gente di ogni risma, in questo sciagurato paese dove l’amministratore delegato della FIAT nel 2009 aveva un costo annuale di 4.782.000 euro, centotrentatré volte la media individuale dei circa trentaseimila dipendenti e, se volesse tramutare in azioni da rivendere i circa dieci milioni di Stock Option del primo pacchetto già assegnatogli potrebbe incassare attorno ai cento milioni di euro, accade anche che un neonato possa morire di freddo per strada in una grande città.
Un episodio che ferisce la coscienza, che suscita un moto di ripulsione e di rabbia, ma invero solo un emblema dei tanti fatti a esso comparabili che patologicamente affliggono la nostra società imputridita nel profondo dal vizio, dalla corruzione e dal privilegio.
Quando l’ingiustizia sociale precipita tanto clamorosamente in immoralità sociale, vale a dire in immoralità tout court, viene da chiedersi se un paese possa sopravvivere. E se di sopravvivere davvero lo meriti.
MS

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