“Mercati”, ovvero crimine organizzato (1)

Se il capitalismo, come storicamente si è manifestato, costituisce un crimine contro l’umanità e contro l’etica comune, quel mostro seriale che dall’incistarvisi della finanza è  stato chiamato Finanzkapitalismus, è nella sua dimensione globale la manifestazione definitiva di un satanismo puro e irredimibile.
I cosiddetti “mercati”, termine apparentemente innocente che evocherebbe bancarelle e piccoli commerci, non sono mai liberi come le menzogne della propaganda liberale vorrebbero far credere. In realtà quelli globali nemmeno sono “mercati”, bensì luoghi di malaffare dove alcuni soggetti criminali – relativamente pochi – agiscono in concorso tra loro per accumulare ricchezze incommensurabili rapinando i popoli del mondo.
Sulle principali piazze finanziarie, cosiddette, si traffica di tutto e si muovono quantità tali di capitale immaginario – senza riscontro alcuno in beni reali – da manipolare grandezze di scala enormi, superiori a quelle rappresentate persino da grandi Stati, inducendo effetti non “spontanei” come sarebbe in una fisiologica combinazione di domanda e offerta, ma completamente artefatti secondo strategie accuratamente pianificate. Il crimine organizzato in senso stretto non è affatto estraneo a un tale meccanismo (vedi per esempio l’eccellente saggio del magistrato francese Jean de Maillard “Le marché fait sa loi”, trad. it. “Il mercato fa la sua legge”, Milano 2002), ma ormai è l’intero meccanismo che in senso esteso può ben essere definito criminale.
Tali effetti si sono evidenziati con brutale chiarezza nel corso della presente guerra finanziaria, che la propaganda liberale denomina “crisi”, allorché il crimine finanziario organizzato su scala globale – non certo il fondo pensioni delle galline del Quebec o quello dei postini dell’Alaska, come viene dato a bere ai creduloni – ha concertato nei servo-organismi mondialisti e sistematicamente attuato, con l’assalto agli Stati, uno dei più grandi crimini contro l’umanità della storia allo scopo di depredare, schiavizzare, affamare e uccidere milioni di persone per arricchire a dismisura i criminali stessi.
L’aggressione, portata al sistema del cosiddetto debito pubblico dopo che esso era stato artatamente intossicato col “salvataggio” della finanza privata speculativa, non è attuata solo allo scopo – ben descritto dall’economista Sergio Cesaratto su “Il Manifesto” del 31 luglio scorso – di “tenere i popoli europei sulla griglia dell’austerità” tenendo i cosiddetti “Spread” a livello minaccioso per “far passare misure… di riduzione dei diritti sociali e sindacali prima inimmaginabili… anche come ammonimento per i lavoratori dei paesi forti“.
MS
(continua)

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Svendola, foglia di fico sulle vergogne pidiste

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Il bocconaro la fa fuori dal vaso, o ci fa?

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I nostri soldi agli speculatori usurai

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Yankeeland, manicomio a cielo aperto

Quattordici morti e decine di feriti, tra i quali alcuni gravissimi, si sono avuti pochi giorni fa ad Aurora presso Denver in Colorado come effetto della sparatoria scatenata dal’ex studente di neuroscienze (!) James Holmes di ventiquattro anni. Costui si è presentato, armato di due pistole e di due fucili, alla prima cinematografica dell’ultimo episodio di una saga dedicata al personaggio dei fumetti Batman e dopo avere gridato “Sono Joker” (lo storico nemico di Batman) ha esploso centinaia di colpi sulla folla.
Si tratta dell’ennesimo episodio di questo genere a Yankeeland. Un luogo dove squilibrati e mentecatti circolano liberamente armati spesso provocando tragedie che a una mente normale parrebbero incomprensibili. Non che negli Stati Uniti d’America manchino persone perbene, e di valore, fratelli la cui battaglia politica, condotta nel cuore stesso dell’impero del male, ha proprio per questo enorme valore. Ma gran parte di quell’accrocco che oggi costituisce la popolazione statunitense è accomunata da ben altri caratteri. A parte il proverbiale, rivoltante fondamentalismo del denaro che opera come religione unificante ben al di sopra delle molteplici sette – spesso pazzoidi o di soli affari – che pullulano a Yankeeland, un elemento diffuso è la delirante cretineria che affligge pletore di sprovveduti ignoranti, per solo esempio quel quaranta per cento
(cinquantadue per cento tra i simpatizzanti repubblicani) di intervistati dall’Istituto Gallup che dichiaravano ancora nel dicembre 2010  di credere che “Dio abbia creato gli umani nella presente loro forma nel corso degli ultimi diecimila anni” , contro un trentotto per cento convinto che essi si fossero evoluti “sotto la guida di Dio” e un sedici per cento dell’opinione che “Dio non avesse avuto parte” nell’evoluzione. Come all’epoca del ciarlatano irlandese James Ussher che nel 1650 proclamò in Annales Veteris Testamenti che il mondo era stato creato il 23 ottobre 4004 ac alle ore 12 precise. Proclamazione, questa, rivisitata in anni recenti dal mattoide Kent Hovind, profeta del cosiddetto Young Earth Creationism, attualmente ristretto nelle carceri di Florence (Colorado) dove sconta dieci anni di galera per cinquantotto reati federali tra i quali dodici di evasione fiscale e quarantacinque di truffa finanziaria. Esemplare tipico del malessere mentale, oscuro e profondo, che purtroppo affligge tanta parte della popolazione statunitense e che fa di quel paese – con incommensurabile danno del mondo – un manicomio a cielo aperto dove i matti si ritengono primari di psichiatria e, fatto assai più grave, quel manicomio alla fin fine lo dirigono.
MS

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La culona schifa il piccoletto

Un paio di settimane fa, dopo un’intervista del piccoletto di Arcore al giornale Bild nella quale costui aveva asserito “Ho un cordialissimo rapporto con la signora Merkel” (in altro diverso contesto già definita “culona inchiavabile”), il portavoce del governo germanico Steffen Seibert ha immediatamente tenuto a precisare che i due “non hanno più avuto contatti da quando non è più premier, quindi non posso parlare attualmente di un rapporto cordiale“. Quel che nel linguaggio della diplomazia equivale a una pernacchia. Strameritata.
MS

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Tassi bassi, bengodi degli speculatori

Con effetto dall’11 luglio la BCE al comando del tristemente noto sig. Draghi Mario ha abbassato il c.d. “tasso di riferimento” dall’1% allo 0,75%. Prosegue così la politica inflazionistica del deprezzare crediti e risparmi a beneficio dei debitori e del generare liquidità abnorme a vantaggio degli speculatori finanziari che potranno ben abusarne, come sempre, per finanziare le proprie operazioni criminali a danno dei popoli.
Merita ricordare che il Draghi, già direttore esecutivo della Banca Mondiale dal 1984 al 1990, presidente del comitato privatizzazioni del Ministero del Tesoro dal 1993 al 2001, vicepresidente e componente del Management Committee Worldwide di Goldman Sachs dal 2002 al 2005 e attualmente membro del c.d. “Gruppo dei trenta” (un’accolita mondialista fondata nel 1978 per iniziativa della Fondazione Rockefeller che riunisce finanzieri, banchieri d’affari e altri personaggi in tono ed è attualmente presieduta dal sig. Trichet, predecessore del Draghi alla BCE), nonché indimenticato protagonista della crociera sul panfilo Britannia del 1992 in cui la svendita di importanti risorse del paese fu esaminata coi pescicani della finanza globale, riuscì ad arrivare alla BCE proprio nel momento in cui il piccoletto di Arcore cedeva al nasuto Sarkozy, contro  la linea  sostenuta dall’allora ministro Tremonti, sull’acquisizione di Parmalat da parte di Lactalys. Uno scambio, qualcuno ebbe l’impudenza di scrivere, conveniente all’Italia. Tutt’al contrario. Non si sa a quali pressioni fosse stato sottoposto il piccoletto di Arcore per candidare il Draghi alla Banca Centrale Europea, o se non avesse invece giocato in proprio in nome dei consueti suoi nobilissimi valori, sta di fatto che esso fu conveniente non certo all’Italia – e nemmeno all’Europa – ma piuttosto agli abituali congregati del Draghi e dunque suoi verosimili sponsor autentici: i figuri della finanza usurocratica mondialista.
La politica inflazionistica seguita dalla BCE, che nel contempo fornisce alle banche a tassi ridicoli quel denaro che esse lucrosamente impiegheranno nell’acquisto di titoli di Stato a interessi abnormi, ne fa suffragio. Non potendo per regola d’ufficio stampare cartamoneta a manetta come i compari di Washington, il cui debito col resto del mondo è arrivato a livelli stratosferici, la BCE a comando Draghi segue per vie traverse quella medesima politica, che arricchisce i privati speculatori e depaupera gli Stati, quindi i popoli. Né vi è bisogno di rammentare che l’inflazione è, per definizione, la principale tassa (impropria) che grava sui meno abbienti  -a beneficio degli altri.
La cacciata del Draghi dalla BCE costituirebbe un passo essenziale sulla via della liberazione dei popoli d’Europa dall’occupazione mondialista. Ma a proposito delle cosiddette “istituzioni europee” va  purtroppo osservato, per citare Bertolt Brecht, “Wenn es zum Marschieren kommt, wissen viele nicht, dass ihr Feind an der Spitze marschiert”. Quando c’è da marciare molti non sanno che è proprio il nemico a marciare alla loro testa.
MS

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Sessant’anni fa moriva Evita

Sono trascorsi sessant’anni dalla morte di María Eva Duarte de Perón, nata María Eva Ibarguren, avvenuta il 26 luglio 1952 a Buenos Aires a soli trentatré anni. Poco prima della morte, quando già era gravemente malata, il Congreso Nacional le aveva attribuito l’eccezionale titolo, onorifico e perpetuo, di Jefe Espiritual de la Nación Argentina.
Nonostante la sua figura talora sia stata pesantemente infamata, soprattutto in Europa da coloro che presuntuosamente misurano la politica sudamericana col metro proprio e da altri per mera strumentale convenienza, sia in Argentina come più in generale in Sudamerica essa gode tuttora di una popolarità diffusa che sfida il tempo.
Evita appartenne al peronismo originario (più correttamente “Justicialismo”), un amalgama ideologico non privo di criticità ma non certo quel mostro che per decenni fu dipinto, congiuntamente, dal liberalismo e dal marxismo dogmatico occidentali. A lei guardavano i ceti più poveri, i lavoratori, le donne, che nel 1951 grazie soprattutto alle sue battaglie ottennero in Argentina il diritto al voto. Niente a che vedere con il Peròn seconda maniera degli anni settanta, squallido e disgustoso burattino manipolato da piduisti e stregoni.
La presidente Cristina Fernández de Kirchner, commemorando Evita – che nell’anniversario della morte è stata effigiata sulla nuova banconota da cento pesos – ne ha evocato il veemente impegno sociale affermando tra l’altro “Dobbiamo imparare le lezioni della storia e sapere che il cammino scelto, ovvero di un paese con sempre meno poveri, significa affrontare interessi”. Quegli stessi che con l’ausilio di politicanti collaborazionisti depredarono l’Argentina alcuni anni fa, come stanno depredando l’Europa oggi.
MS

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Corte Costituzionale, uno sganassone ai privatizzatori

Ogni tanto, una buona notizia. Qualche giorno fa la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 4 del DL 138/2011 col quale il “governo” del piccoletto di Arcore aveva furbescamente tentato di aggirare l’esito del referendum sull’acqua pubblica del 12-13 giugno 2011. A dimostrazione di quanto i liberali, affaristici usurpatori del sacro nome di democrazia, tengano in conto la volontà del popolo manifestamente espressa.
Il Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua, ricordando come “quel provvedimento reintroducesse la privatizzazione dei servizi pubblici e calpestasse la volontà dei cittadini” ha sottolineato che la sentenza della Corte Costituzionale “rappresenta un monito al governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni”. Effettivamente con questa sentenza anche le successive norme introdotte dai privatizzatori – una per tutte quella di cui all’art. 4 del DL sulla cosiddetta “Spending Review” – risultano illegittime.
Una battaglia è stata vinta – una battaglia che in un paese normale nemmeno avrebbe avuto luogo data la nettezza dell’esito referendario – ma la guerra è ben lungi dall’essersi conclusa. La vigilanza e la mobilitazione debbono assiduamente continuare.
MS

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Questione lessicale essenziale

In occasione del ventesimo anniversario della strage del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta il sig. Napolitano, recentemente coinvolto per via d’intercettazione nelle polemiche relative all’indagine giudiziaria in corso per individuare responsabilità e mandanti di questa strage e di quella del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta, ha esternato, stando alle notizie di stampa, quanto segue. “Non c’è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità, ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia“. Al di là del carattere della dichiarazione, che è di circostanza e di maniera, il sig. Napolitano è troppo colto per non distinguere la differenza lessicale essenziale che intercorre tra la proposizione “torbide ipotesi di trattativa” alla quale ha inteso ricorrere e la proposizione “ipotesi di torbida trattativa” composta dalle stesse parole ma in altro ordine alla quale, viceversa, non ha inteso ricorrere. Forse a orecchie non attente o a persone poco istruite tale differenza non risulterà evidente, ma nel primo caso sono le ipotesi (avanzate anche dalla magistratura inquirente) a essere “torbide” e non già, come nel secondo caso, la trattativa stessa ancorché soltanto ipotizzata. In realtà, più che ipotizzata: nelle motivazioni della sentenza del tribunale di Firenze che il 5 ottobre 2011, chiudendo il processo per le stragi del 1993-1994, mandò all’ergastolo il mafioso Francesco Tagliavia, si statuisce che tale trattativa “indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un ‘do ut des’. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia”. E ancora “l’obiettivo che ci si prefiggeva, quantomeno al suo avvio, era di trovare un terreno con Cosa Nostra per far cessare la sequenza delle stragi”.
Vi è da aggiungere altro?
MS

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