I popoli liberi d’Europa contro l’usurocrazia mondialista

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Beppe Grillo: fare una piccola Norimberga. Perché “piccola”?

L’altro ieri, in un discorso tenuto a Borgomanero, Beppe Grillo ha detto tra l’altro che ai partiti politici attuali si dovrebbe celebrare un processo pubblico con una giuria di cittadini scelti a sorte, per recuperare tutto quello che si sono mangiati: una piccola Norimberga, con allusione al luogo dove dopo la seconda guerra mondiale furono processati dai vincitori, in base a un principio giurisdizionale di diritto retroattivo, alcuni tra i principali esponenti dell’hitlerismo.
Ma Norimberga si concluse con dieci impiccagioni (undici contando quella da cadavere del suicida Goering).
Se mai si riuscirà davvero a processare il partitume unico di regime, quello collaborazionista che attualmente sostiene il governatorato generale Goldman Sachs, con a capo il bocconaro famigerato, a dirigere l’occupazione del paese da parte del nemico, perché accontentarsi di una Norimberga “piccola” e mandare i colpevoli ai lavori socialmente utili, come propone Beppe Grillo, rinunciando all’opportunità di segnare una lezione esemplare, scevra da ogni indulgenza, nella storia di tutti i ladri, collaborazionisti e traditori della patria?
La storia corre a volte più veloce della fantasia e ciò che poco prima sarebbe sembrato delirio onirico si concretizza improvvisamente, sotto la spinta irrefrenabile di eventi poderosi. Potrebbe essere che siamo a una simile vigilia. Anche per questo il partitume unico di regime appare sempre più pervaso dal terrore.
MS

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Cristina restituisce il petrolio al popolo

Il governo argentino, sotto la guida della presidente Cristina Fernández de Kirchner, ha restituito al popolo la società petrolifera YPF, svenduta nel 1992 alla spagnola Repsol dal porco traditore Menem, zecca vendipatria e marionetta delle imprese straniere, smazzettato a milioni di dollari. La  YPF era l’ultima società petrolifera dell’America Latina ancora privatizzata.
Il postfranchista Rajoy, macellaio degli Spagnoli al servizio della cupola usurocratica mondialista, si è messo a strillare. Si fotta. Addirittura a minacciare. E chi se ne fotte.
La deprivatizzazione, processo virtuosissimo che decolonizza un paese, comporta la nazionalizzazione, o socializzazione che dir si voglia, dei beni pubblici rapinati dai pescecani imprenditori e speculatori sia interni (“borghesia compradora”) che stranieri – oggi globali – ai quali la borghesia compradora è peraltro, a differenza della borghesia nazionale, notoriamente asservita. Così aveva fatto Nestor Kirchner da presidente nel 2006 con la francese Suez che forniva acqua inquinata alle case degli Argentini. E così in quel paese, che un decennio orsono si liberava da quello stesso giogo assassino neoliberista che oggi incombe sull’Europa, si sono via via riacquisiti alla nazione, e dunque al popolo, i frutti delle rapine chiamate privatizzazioni perpetrate sotto regimi collaborazionisti e corrotti: la compagnia aerea di bandiera, le poste, la sanità, la previdenza.
Cristina regge con mano ferma, nella memoria dell’indimenticato Nestor, il testimone che egli le ha passato. Testimone di patriottismo, di libertà, di giustizia sociale. In quella giusta direzione tanto ancora resta da fare. Se Cristina potrà, farà.
Hasta siempre, hermana.
MS

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Via il nasuto dalla Francia e dall’Europa

Fra due giorni si terrà il primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, tra poco più di due settimane il secondo.
È una delle peculiari circostanze, questa, nelle quali giocoforza bisogna sperare nel meno peggio.
Non sarà l’untorello Hollande, favorito della vigilia, a spiantare la cricca usurocratica mondialista che vorrebbe assassinare i popoli d’Europa compreso naturalmente quello francese. Nonostante talune reboanti e accattivanti battute (del tipo “Mon adversaire, la finance” e “J’aime pas les riches“), costui, infatti, resta anche nell’ambito stesso del suo decrepito partito di chiacchieroni un ultramoderato borghesuccio sbiadito, mentre per dare scacco al crimine mondialista, oltre che  una convinzione vera, occorrono ferrea volontà e mezzi drastici.
Tuttavia, piuttosto che una riconferma del bullo non-francese Sarkozy (quando blatera di  chiusura  delle frontiere francesi dovrebbe innanzitutto autoespellersi dal paese), geneticamente portatore del naso di pinocchio e che Tierry Meyssan ha indicato come agente della CIA, meno peggio probabilmente sarebbe l’elezione di Hollande, pur considerate le sue recenti dichiarazioni sulla Siria che fanno pensare assai male. Non da ultimo, la cacciata del nasuto Sarzozy idealmente preluderebbe a quella della culona Merkel della quale costui è subordinato complice e rimescolando le carte, aprirebbe forse uno spiraglio di speranza nell’avvenire dei popoli d’Europa. Va notato, infatti, che la cupola usurocratica mondialista già ha fatto trapelare i consueti avvertimenti mafiosi, minacciando sfracelli finanziari per la Francia, nel caso di una vittoria di Hollande (rectius: di cacciata del nasuto). Poiché il programma degli usurai mondialisti è chiarissimo e consiste precisamente nella distruzione dell’Europa e dei suoi popoli, programma che possibilmente verrebbe condotto innanzi in ogni caso, ecco che un confronto a muso duro tra una rinnovata Francia – il cui popolo dà storicamente il meglio di sé quando la nazione è in pericolo – e il crimine finanziario organizzato potrebbe scuotere dal torpore anche altri popoli in Europa. Quello italiano, per cominciare.
Hollande: una volta si diceva “turarsi il naso”. Purtroppo, tocca farlo ancora.
MS

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Di Pietro ha detto il vero, ma è stato ancora troppo gentile

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Grazie al bocconaro: debito a 2 miliardi, benzina a 2 euro

Il Gauleiter di Goldman Sachs, che come Hitler dirige coi decreti, per ingrassare la banda di usurai cosmopoliti mondialisti che viene passata sotto il falso nome di “investitori” o di “mercati” ha ben avviato l’Italia sulla via della morte che già è stata fatta percorrere ai fratelli greci. I nostri soldi – i contributi accantonati per le pensioni, i risparmi già tassati coi quali si è acquistata la casa di abitazione propria o che imprudentemente sono stati affidati a banche o ad altri pescicani finanziari nell’illusione di salvaguardarli – sono rubati dalle nostre tasche per pagare un “debito” in gran parte illegittimo, prodotto da crimini originari e che dunque non va riconosciuto. “Debito” verso quegli usurai cosmopoliti mondialisti, con basi principali a New York e a Londra, che sono i mandanti effettivi del bocconaro e dei suoi complici. “Debito” che non  incrementa per malasorte, ma che si fa lievitare perché servito da interessi alti che ingolosiscono gli usurai e che sono pagati coi soldi estorti ai cittadini italiani: tanto maggiore è il debito, tanto maggiori sono gli interessi lucrati dagli usurai criminali.
Quando si diceva, si dice e ancora si ripete che  in Italia a un enorme debito pubblico fa riscontro un più cospicuo patrimonio di risparmio privato, e che dunque gli “investitori” non hanno da temere, si sottintende delinquenzialmente proprio questo: che gli usurai saranno pagati coi frutti di una vita di risparmio rapinabili ai cittadini. Attenzione: non presi agli squali delle imprese e della finanza ammanicati al politicume che più o meno illecitamente hanno accumulato enormi fortune  a spese della comunità che secondo giustizia dovrebbero essere confiscate, bensì ai comuni cittadini, agli onesti, che vengono depredati e gettati nella miseria. Facile, come nella battuta attribuita a Petrolini: bisogna prendere il denaro dove si trova, presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti.
Da quando il bocconaro è a capo del governatorato generale a rango del quale è stata ridotta la ex Repubblica italiana, infatti, il debito pubblico è ulteriormente aumentato e si avvicina a passi da gigante alla fatidica e mai toccata soglia dei duemila milardi di euro. Poiché l’Italia è in avanzo primario (nel 2011 per 15,6 miliardi) il continuo aumento del debito pubblico è dovuto appunto al carico degli interessi che ingrassano gli usurai nell’ordine enorme di 70-75 miliardi all’anno – comprese le banche italiane che hanno avuto quasi in regalo dal sig. Draghi una massa enorme di liquidità con la quale lucrano ora sugli interessi dei titoli di Stato.
Secondo quando scriveva Ettore Livini il 24 marzo scorso su “La Repubblica” (che pure, si noti, è organo debenedettiano filobocconaro sul quale ormai scrivono individui dello stampo di A. De Nicola), a quel momento su ogni Italiano, neonati e centenari compresi, pesava pro quota un debito di 32.270 euro i cui relativi interessi ammontavano a  1.154 euro d’interessi annuali. Al 31 dicembre 2011 il debito era salito a 1.897 miliardi con un aumento di 55 rispetto al 2010, alla faccia della raffica di  “manovre” di rapina effettuate nel corso dell’anno dall’omino di Arcore prima e dal bocconaro poi. Alla fine di gennaio il debito aveva raggiunto i 1.935 miliardi, oggi viaggia attorno ai 1.950. Intanto il prezzo della benzina verde – che da sempre costituisce un indice rappresentativo sia dell’andamento del costo della vita sia della rapina fiscale che ogni governante perpetra per procacciarsi denaro facile, già a marzo in alcuni luoghi ha sfondato la soglia dei 2 euro al litro. Il bocconaro nel prendere possesso della poltrona aveva promesso che non vi erano da attedersi lacrime e sangue.  Di quanto costui sia bugiardo se ne stanno ormai accorgendo anche i più grulli. Ma ciò che abbiamo già subito non è nulla in confronto a ciò che ci aspetta se gli Italiani non sapranno liberarsi quanto prima di costui e dei suoi complici.
MS

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Camerieri dei camerieri

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Angloassassini & complici

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Mario Borghezio

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Basta sanità privata

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