Turchia, una buona occasione perduta

Che la Legge approvata pochi giorni fa in Francia che punisce penalmente la negazione del genocidio degli Armeni, sia stata ispirata ad autentico spirito di giustizia oppure da meschino calcolo elettoralistico (come possibile), è sicuramente importante ma fino a un certo punto: il contenuto della norma mi sembra assai apprezzabile di per se stesso, sia per il mero riconoscimento giuridico che integra di un enorme delitto consumato contro tutto un popolo pressoché inerme, sia per il valore simbolico di un tale riconoscimento, quello di un genocidio tra i molti che furono storicamente perpetrati e che per ben individuabili ragioni strumentali sono stati consegnati all’irrilevanza in quanto occultati dall’ombra invasiva del genocidio antonomastico, quello degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale, la cui gigantizzazione enfatica poco certamente ha a che vedere con una sincera esecrazione dell’evento e molto, invece, con una sciacallesca campagna giustificazionista del regime di Tel Aviv.
Il governo di Erdogan, che qualche sospetto aveva suscitato sotto il profilo di una possibile revisione dei fondamentali principi laici della Turchia kemalista, si era portato tendenzialmente bene sulla scena internazionale, svincolandosi da un costrittivo controllo occidentalista che aveva ridotto quel paese a pedina passiva di Washington, assurgendo a un protagonismo nuovo nei rapporti di area, prendendo opportune distanze dal cosiddetto “Stato di Israele” fino a scindere taluni vergognosi legami di collaborazione con esso.
In Turchia, però, sulla questione armena ancora non è stata effettuata alcuna seria riflessione autocritica, ed è alla luce di una tale mancata iniziativa che si può comprendere, ma non comunque giustificare, la reazione veemente, da orgoglio nazionale offeso, scatenatasi all’approvazione della nuova Legge in Francia.
Peccato, perché il persistente negazionismo del genocidio armeno impedisce alla Turchia di completare con un passo decisivo di coraggio il proprio percorso di riconquistata dignità nazionale.
Quando si vedrà un governante turco andare a inginocchiarsi sul Mussa Dagh per rendere omaggio alla memoria degli Armeni massacrati – così come si vide Willy Brandt, emblema di una Germania incolpevole e antinazista, andare a inginocchiarsi laddove sorgeva il ghetto di Varsavia – allora si potrà dire che la partita è stata chiusa e che la Turchia, finalmente, ha preso il posto che certamente le compete nella comunità delle nazioni.
MS

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Se n’è andato un guerriero

Dedico un sincero e commosso ricordo a Giorgio Bocca, che ha terminato il suo cammino ieri 25 dicembre a novant’anni compiuti.
In un mondo normale, di galantuomini, una disinteressata coerenza alle proprie idee dovrebbe essere scontata come l’aria che si respira. Non così oggi, in questo povero paese infestato da pletore di facce di merda, di voltagabbana, di opportunisti, di puttane e di profittatori ripugnanti, da gentaglia che non vale l’aria che respira. E dunque se tirare diritto nonostante tutto, remando controcorrente al punto di rendersi talvolta invisi e mantenendo però intatto il proprio onore, è da considerarsi una infrequente e preziosa virtù, Giorgio Bocca questa virtù la ebbe e la coltivò in maniera più che eccellente.
La memoria che lascia ne è segnata ed è, questo, uno speciale elemento di gratitudine che fa guardare alla sua morte con grande rammarico e rimpianto.
Grazie, Giorgio, per esserci stato. Sit tibi terra levis.
MS

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Tra grandi mali anche un piccolo bene

Il Regno Unito non ha aderito all’accordo stabilito qualche giorno fa in sede di unione Europea.
Ben al di là del merito di quell’accordo, che contiene grandi mali, se i fantocci pro tempore del potere finanziario che ha nella borsa di Londra il suo malefico centro d’irradiazione, di riciclaggio, di terrorismo economico, sono forse fuori dai coglioni, è certamente un piccolo fatto positivo.
I popoli britannici sono valenti, ma spesso governati da pessimi soggetti.
La degenerazione antropologica del potere nel Regno Unito è di vecchia data. Emblematicamente, già due secoli fa al pidocchio Rotschild fu consentito di lucrare immense ricchezze speculando sul sangue, anche quello dei soldati britannici, caduti nella battaglia di Waterloo.
Più recentemente, e non solo al tempo dell’infame Thatcher, il Regno unito è stato usato come portaerei yankee ancorata di fronte all’Europa, come quinta colonna di Wall Street e dell’usurocrazia mondialista che vi fa capo, abilmente manipolata per sabotare la possibile unità politica dei popoli d’Europa.
Sarebbe bene che il Regno Unito fosse espulso da tutte le istituzioni europee e che anzi i popoli di Scozia, del Galles, d’Irlanda, trovassero nelle presenti circostanze la buona occasione per riappropriarsi della propria indipendenza nel quadro di una grande, autentica federazione di popoli europei fratelli.
MS

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Di Pietro non ci vede chiaro, e con ragione

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I rapinatori, in galera. E i traditori della patria, dove?

Roberto Maroni ha appropriatamente definito la manomissione delle pensioni perpetrata dal gabinetto del bocconaro “una rapina a mano armata”.
Negli ultimi giorni ha inoltre definito “raccapricciante” l’intervento complessivo, una manovra “iniqua, ingiusta e discriminatoria” del quale le pensioni sono solo uno degli obiettivi. “Pure il ragionier Ugo Fantozzi sarebbe riuscito a fare di meglio”.
Fresco di una bella citazione di Albert Camus, attribuita anche a Che Guevara, a Vicenza (“Siate realisti, chiedete l’impossibile”), temuto dai culi flaccidi (i cicciopotami de Il Foglio ne scrivono oggi un articolino emblematico): potendo dimenticare la condotta di Maroni al Ministero del Lavoro, a quel tempo spudoratamente ribattezzato “del Welfare”, in materia di previdenza e di rapporti di lavoro – la sacconata che con sciacallesca sfrontatezza fu denominata “Legge Biagi” -  forse proverei nei suoi confronti un moto istintivo di simpatia.
E se proprio lui, fino a poche settimane fa ministro dell’Interno, parla di rapina, saprà bene quel che dice. Comunque i rapinatori di regola vanno cacciati in galera.
Ma quando le finalità retrostanti a ciò che oggi si manovra in Europa sono ispirate al tradimento, al servizio dei nemici della patria stessa che tirano le fila da New York tramite i corpi intermedi dell’usurocrazia cosmopolita come per esempio il cosiddetto Bilderberg Club, la Trilateral Commission, il Council on Foreign Relations, le questioni si fanno ancora più serie.
La vita è lunga, le cose cambiano, i regimi possono cadere e le carceri riempirsi. I morti si contano al termine della battaglia, non al suo inizio.
Dopo la disfatta del Terzo Reich alcuni tra i principali suoi esponenti furono pubblicamente processati, giusta una interessante applicazione retroattiva della norma penale, nella città-simbolo di Norimberga, mentre i capestri che ne attendevano un buon numero già erano stati virtualmente eretti.
Se i popoli, in solidarietà cooperante, vinceranno alfine la guerra per la vita e per la morte che l’usurocrazia mondialista ha scatenato aggredendoli con una finta “crisi” economica per rapinarli e schiavizzarli, allora forse un altro pubblico processo potrà essere celebrato nella località di Oosterbek del comune di Renkum presso Arnhem, in Gheldria, dove dal 29 al 31 maggio 1954 si tenne la conferenza fondativa del  famigerato gruppo che avrebbe preso il nome dall’hotel de Bilderberg, luogo della riunione. Processo regolare, pubblico, con difensori e giuria, naturalmente. E coi capestri già ben in vista perché la giustizia dei popoli, in alcune speciali circostanze, ha il l’obbligo morale di mostrarsi spietatamente esemplare.
MS

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L’inganno della crescita secondo Luca Mercalli

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Lacrime da coccodrillo: sempre ottimo Odifreddi

Contravvengo in via eccezionale a una regola che mi sono dato, di non pubblicare qui, per esteso, testi di altri, per notevoli che siano. Di seguito riporto infatti, integralmente, l’esemplare intervento di Piergiorgio Odifreddi, apparso oggi sul suo blog a questo indirizzo

http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2011/12/05/lacrime-da-coccodrillo/

che sottoscrivo senza riserve nel contenuto e nel tono e che non abbisogna di commento mio alcuno.
MS
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Lacrime da coccodrillo
di Piergiorgio Odifreddi

Dunque, i Monti hanno partorito i topolini. Nelle direzioni che, essendo facilmente prevedibili, erano state facilmente previste: da questo blog, in particolare.
La signora Fornero si è commossa, all’annuncio della fine dell’adeguamento delle pensioni all’aumento del costo della vita: cioè, a una loro sostanziale diminuzione. Ovviamente, erano lacrime di gioia, visto che le misure di contenimento delle pensioni sono la sua specialità, e che lei è stata chiamata al ministero delle sedicenti Politiche Sociali proprio per farle passare dalla teoria universitaria alla pratica governativa.
Il signor Monti, coerentemente, ha sorriso quando è intervenuto al posto del ministro, per permetterle di riaversi dall’emozione. Mentre c’era, ha fatto pure un po’ di populismo ad uso del popolo bue, annunciando di rinunciare allo stipendio da presidente del Consiglio e da ministro dell’Economia. Ma non, ovviamente, al vitalizio preventivo che gli è stato elargito da Napolitano, con la sua nomina a senatore a vita, appunto.
L’una e l’altro sarebbero risultati più credibili se, ad esempio, avessero annunciato non un innalzamento dell’età pensionabile di coloro che hanno maturato la pensione lavorando, bensì un abbassamento delle pensioni di coloro che le ricevono in misura superiore a quanto hanno maturato. Ad esempio, i lavoratori autonomi, il cui prelievo è inferiore del 12 per cento a quello dei lavoratori dipendenti (21 per cento, rispetto al 33).
Oppure, se avessero annunciato non un gesto simbolico di rinuncia per i ministri a un cumulo di stipendi, che nel caso di Monti sarebbero stati addirittura tre, bensì la proibizione di questo cumulo a tutti i livelli di cariche pubbliche: non solo statali, ma anche, e soprattutto, regionali, provinciali e comunali.
Di riforme strutturali serie, nella legge “salva Stato” e “spremi cittadino”, non se ne vedono. In particolare, nessun tentativo di recupero dei 100 miliardi stimati di evasione fiscale: una cifra che ogni anno supera l’insieme di tutte le manovre del corrente annus horribilis. Nessun cenno a una patrimoniale, che colpisca almeno le proprietà di coloro che non denunciano i redditi. Al loro posto, solo specchietti per allodole: ad esempio, il buffetto (o la buffonata) dell’uno e mezzo per cento sul condono per il rientro dei capitali all’estero; o la tassa sulle auto di lusso e le barche, già imposta senza effetto dai governi democristiani decine di anni fa.
Ben reali e concreti sono invece il ritorno dell’Ici sulla prima casa, l’aumento delle imposte comunali e l’aumento dell’Iva, da una parte. E le esenzioni alle imprese e gli incentivi allo sviluppo, dall’altra. Non c’è da stupirsi che i sindacati siano contrari, e la Confindustria, il Pdl e gli speculatori della borsa favorevoli. Quanto al Pd, nemmeno coloro che hanno le lacrime facili, come la signora Fornero, riuscirebbero ormai a trovarne per piangere sulla sua ignavia, probabile prodromo della sua scomparsa nel cestino dei rifiuti della storia italica.

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Governatorato generale Goldman Sachs: chiagne e fotte

Squallido e indecoroso spettacolo, quello propinatoci dalla sig.ra Fornero in conferenza stampa ieri sera inscenando il pianto dell’ipocrita come nella più infima commedia all’italiana.  Oltre che un cabaret nauseante, uno strappo evidente con il preteso stile british di cui si gonfia il gabinetto del bocconaro, fantoccio di Goldman Sachs. Patetico, come ha notato Roberto Maroni. Da coccodrillo, come ha osservato il grande Odifreddi (vedi post successivo). Ripugnante, vorrei aggiungere, come cattiva recita di un soggetto dallo stomaco non propriamente glabro:  già vicepresidente del “consiglio di sorveglianza” di Intesa Sanpaolo, vicepresidente della “Compagnia di Sanpaolo”, componente il “comitato scientifico” (e dunque consulente) di Confindustria, nonché articolista – si suppone non a titolo gratuito, come nota Beppe Grillo – dell’organo padronale Il Sole 24 Ore,  antemarcia nella forsennata campagna pro rapina delle pensioni, infine perpetrata come prevedibile.
Ma chi crede di prendere per il culo, piagnucolando in favore di telecamera, una tale donnetta?
MS

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Golpe alla bocconara

Nel secolo scorso i colpi di Stato contro i popoli si attuavano con impiego di carri armati e spargimento più o meno importante di sangue, in nome dell’ordine e della patria ma naturalmente nell’interesse di imprese multinazionali supportate dai propri governi di riferimento e spesso appoggiantesi ad avide caste locali di schiavisti più o meno dichiarati.
Successivamente i colpi di Stato si sono in parte virtualizzati. Nel mondo “sviluppato” la manipolazione diffusiva delle menti, esercitata attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione e specialmente della televisione, si è dimostrata perfettamente idonea allo scopo. In luoghi meno direttamente controllabili l’aggressione militare esterna ha surrogato, in guerre vere e mai dichiarate, quell’alzamiento interno di traditori della patria colà irrealizzabile agli effetti del regime change. I mandanti, sempre le corporation ormai fattesi globali, fedelmente servite dai rispettivi governi-camerieri e dall’impiego delittuoso, su scala mondiale, di una comunicazione di massa sempre più sfacciatamente mendace a manipolazione della cosiddetta “opinione pubblica”.
Oggi, nell’Europa aggredita dall’usurocrazia mondialista che vuole distruggere l’euro per disintegrare l’ultimo debole presidio di una socialità non cinesizzata e spianare così la via alla definitiva affermazione del neoschiavismo globale, la virtualizzazione del colpo di Stato ha attinto livelli inusitati.
Non altrimenti si spiegherebbe l’intronizzazione eterodiretta della banda che ha come caporione il tristemente noto sig. Monti alle funzioni di governo dell’Italia.
Ciò che va accadendo in Italia, beninteso, è parte soltanto, benché rilevante, di un più ampio colpo di Stato globale che si compone in articolazioni molteplici (vedi per esempio la recente offensiva antiraniana), la cui regia nemmeno troppo occulta è accortamente tenuta in Yankeeland ed eseguita nelle sedi locali da servi e collaborazionisti infami.
Non vi è alcun bisogno di essere marxisti – né io certamente lo sono – per accorgersi che il capitalismo ha drammaticamente fallito, così come il “socialismo reale” crollato un paio di decenni orsono, e che nella fase terminale disvela quel volto criminale che gli è autenticamente proprio.
Anche in Italia stiamo per assaggiarlo sulla nostra pelle. Se sapremo reagire con dignità di uomini, allora non tutto sarà perduto. Viceversa verrà la fine. E quel che vale nel piccolo per l’Italia vale oggi per tutti i popoli del mondo.
MS

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La pausa pubblicitaria è finita

I culi flaccidi sono finalmente andati fuori dai coglioni, ma da gioire c’è ben poco. Non il popolo vindice fu l’autore dell’impresa, che ben avrebbe meritato un epilogo di severità esemplare, ma il sistema di potere criminale che fa capo all’usurocrazia mondialista e ai suoi cosmopoliti ripugnanti servi. L’omino di Arcore, versione caricaturale del liberismo totalitario, per tara personale non era il più adatto a eseguire la spoliazione del popolo italiano e dei beni nazionali che gli usurocrati, manovratori dei cosiddetti “mercati”, hanno accuratamente progettato e della quale si apprestano a tentare, nelle molteplici forme di una rapina istituzionalizzata, la realizzazione. I vizi materiali e morali dell’usurocrazia sono solo apparentemente meno sguaiati di quelli naïf e ruspanti dell’omino di Arcore. Che certamente non merita rimpianto, se non per la deprivazione subita dal popolo di sottometterlo alla giusta punizione. Ma le imminenti rapine dell’usurocrazia mondialista – genìa infame che andrebbe cancellata dalla faccia della terra – potrebbero anche farlo ricicciare. Al peggio, evidentemente, non c’è mai limite.
MS

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